martedì 12 luglio 2016

VOLPI E STORDIMENTI



La salita è a tratti ripida ma il vento fresco e tagliente agita l’erba alta e i miei capelli.
Rende trasparenti i colori. Una tavolozza autunnale ed invece è  già tarda primavera.
Quando arrivo alla sommità di Diamond Hill lo scenario mi immobilizza: un panorama liquido dove le case diventano parte fondamentale del paesaggio. Lo incorniciano. Lo definiscono.
Più prepotenti della baia, dell’azzurro  del mare. Delle nuvole, come strappi di zucchero filato.
Sono sospesa in questa terra di orizzonti circolari. Incredula che gli altri turisti  continuino a camminare.
Questo è il Connemara.
Un luogo dove gli ampi spazi non stanno dentro al fuoco degli occhi umani. E allora sei sempre un po’ confuso, stordito.
L’Irlanda mi ha preso la mano e inaspettata ha trovato la strada per quella parte selvaggia e istintiva che nascondo per convenzione dentro di me.
L’auto che ho noleggiato attraversa la Route 59 tra pini, paesaggi d’alta montagna, pioggia, arcobaleni.
E pecore. Accucciate. Bagnate. Sperdute. Camminano in mezzo alla strada. Con il pelo colorato di fucsia per marcarle. Il muso nero. Incuranti del tempo, dentro il tempo. Contrastano con il grigio del cielo, con il verde muschio dei rilievi. Eppure non riuscirei a toglierle da questo ambiente.
Ormai sono nel quadro che ho archiviato dietro i miei occhi.
La torbiera si inerpica in mezzo il vento, lungo un sentiero che fa da crinale e che porta a lande grasse e scure. Cammino dietro una coppia di persone che scendono da una jeep e raggiungono altri lavoranti che sollevano, caricano.
Un cenno con la mano. Un saluto.
Raccolgono torba. Umida e poi stesa a seccare come grandi carrube. Cerco un odore. Un profumo particolare. Qualcosa da archiviare dentro il cuore.
Ma la torba è terra. Ha l’odore del vento che sa  di erica e di pini e delle piante di fucsia e del calore che sale attraverso gli abiti  dal proprio corpo.
L’Irlanda è fatta di strade che scompaiono nel verde, di acqua che gonfia la terra e i colori.
Potrei perdermi in questo paese silenzioso dove  una volta tanto è la natura a parlare.
Non puoi andare in Irlanda se non sai ascoltare.
John mi parla e quei suoi occhi accattivanti e malandrini, quella sua cordialità tipicamente irlandese mi ricordano l’asprezza di questa terra, le difficoltà di chi  in passato è dovuto emigrare. La scorza morbida di chi è rimasto. Come il mallo prima della noce.
Ed è John che mi racconta del luogo roccioso dei Burren, una sera in cui la primavera non vuole proprio arrivare e così ha acceso un bel fuoco nel camino e al pub vicino qualcuno ha intonato una ballata.
«Ci devi andare»  mi dice.
 La salita che parte dalla Route  67 è ripida. Ma quando raggiungo la sommità in questa tersa giornata di sole, apro le braccia e provo a volare. Perché  tra questi arsi tavolati di calcare bianco,  posso dominare cascate di pietra  come salti, da una collina all’altra, fin dove arriva lo sguardo, fino alla linea del cielo. Potrei essere un airone o un falco pellegrino.
Una astronauta che alluna senza protezione.
Ho lasciato l’Irlanda e ho fotografato i suoi fiori:  ginestre, genziane, fucsie.
Ho fotografato anche una volpe che attraversava la strada dopo il passaggio della mia auto. Era insieme al suo piccolo. Ho frenato, sono scesa, ho puntato l’obiettivo. Uno scatto veloce, anche per lei: se ne era già andata. Un’ombra, un contorno, rimasti memorizzati nei pixel della mia macchina da presa.

Autore: Luciana Buttignol
 
Riferimento:
http://www.irlandando.it/457-i-vincitori-del-concorso-letterario-lirlanda-nel-cuore/

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